Progetto minerva - STEM al femminile

Si conclude con oggi una bellissima dieci giorni che ha visto la squadra di formazione di Onde Alte protagonista tra i banchi di scuola del Liceo Ginnasio Statale A. Canova di Treviso. Una scuola con una storia lunga oltre 200 anni, fondata nel 1807.

Dal 25 novembre al 4 dicembre 2024, il Liceo Canova ha ospitato tre laboratori immersivi che hanno coinvolto 151 studenti e studentesse, con una partecipazione a forte prevalenza femminile (134 ragazze e 17 ragazzi). Tre esperienze didattiche, parte del Progetto MINERVA, che hanno avuto come obiettivo principale quello di decostruire gli stereotipi di genere nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) e di ispirare le giovani menti del Canova a esplorare nuove prospettive di uguaglianza e inclusione.

Il progetto di formazione MINERVA si propone infatti di creare un ecosistema educativo inclusivo e collaborativo, focalizzato sulle competenze STEM. Un progetto a cui Onde Alte ha lavorato in collaborazione con Fondazione ENAC Veneto C.F.P. Canossiano, una fondazione senza fini di lucro che si dedica all’orientamento e alla formazione professionale dei giovani, all’aggiornamento e riqualificazione e all’inserimento nel mondo del lavoro di adulti e persone in situazione di svantaggio.

I tre laboratori, della durata di 20 ore ciascuno, hanno rappresentato altrettanti percorsi di esplorazione e creatività.

Hack Gender Inequality

Hack Gender Inequality

Utilizzando il format dell’hackathon, le/i partecipanti hanno lavorato in team per progettare soluzioni innovative volte a promuovere la parità di genere nelle discipline STEM. Attraverso attività di brainstorming, ricerca, ideazione e prototipazione, ogni gruppo ha proposto idee per sfidare gli stereotipi e favorire l’equità.

Stand for Gender Equality

Stand for Gender Equality

Questo laboratorio ha invitato le/i partecipanti a ideare campagne di comunicazione per sensibilizzare sul tema dell’uguaglianza di genere. Con l’ausilio di strumenti di design thinking, le studentesse e gli studenti hanno creato messaggi chiari e potenti capaci di generare consapevolezza e ispirare azioni concrete.

Stories of Equality

Stories of Equality

Incentrato sulla narrazione, questo laboratorio ha guidato le/i partecipanti nella creazione di podcast. Attraverso l’arte dello storytelling, ragazze e ragazzi hanno dato vita a storie coinvolgenti che esplorano il rapporto tra STEM e parità di genere, portando alla luce esperienze e modelli di riferimento ispiratori.

Queste esperienze didattiche sono state immaginate in primis come un’occasione di confronto e dialogo critico. Ogni percorso è iniziato da una riflessione condivisa sul significato di parole chiave legate alla parità di genere e all’inclusione, evidenziando l’importanza del linguaggio come strumento di cambiamento. Questo ha permesso poi di esplorare aspetti e domande fondamentali, interrogandosi sulle diverse barriere culturali e strutturali che ostacolano l’equità.

Muro Parole Muro Parole Mobile

La partecipazione di tante studentesse ha rappresentato uno dei punti di forza di questa iniziativa, dimostrando come ambienti educativi inclusivi e collaborativi possano abbattere le barriere che spesso allontanano le giovani donne dalle discipline STEM. Le ragazze e i ragazzi hanno accolto con entusiasmo questa opportunità, portando avanti progetti che non solo riflettono la loro creatività, ma che aspirano anche a generare un impatto concreto nella società.

È essenziale decostruire tutti i paradigmi culturali che hanno relegato il femminile a margini strutturali. Le STEM, tradizionalmente percepite come dominio maschile, devono essere riformulate come spazi aperti, dove il contributo di ogni individuo possa essere riconosciuto non in base al genere, ma al valore intrinseco delle idee e delle capacità.

Le STEM non sono solo discipline: sono il cuore pulsante del progresso tecnologico, economico e scientifico. Eppure, come mostrano recenti statistiche, in Italia le donne che studiano materie STEM sono meno del 40%. Questo squilibrio non è solo un riflesso delle barriere culturali, ma un’occasione mancata di includere prospettive diverse e indispensabili.

Il concetto di “leaky pipeline”, il “tubo che perde”, descrive la tendenza di molte giovani donne ad abbandonare progressivamente percorsi di studio e carriere STEM lungo il loro percorso. Non è una questione di talento – le capacità delle ragazze nelle STEM sono comprovate – ma di un sistema che non offre supporto, modelli e incentivi sufficienti. Ogni anello di questa catena, dall’educazione primaria fino al mondo del lavoro, richiede l’impegno attivo di educatori, famiglie e istituzioni.

Un punto centrale di questa trasformazione è l’impegno attivo degli uomini. Chimamanda Ngozi Adichie, in “Dovremmo essere tutti femministi”, ci ricorda che il femminismo non è una lotta esclusivamente femminile, ma una causa umanitaria.

L’impegno maschile nella promozione della parità di genere non è solo un atto di solidarietà, ma un modo per liberare anche gli uomini dai ruoli di genere oppressivi e restrittivi

In questi laboratori l’inclusione degli studenti maschi ha avuto un significato particolare: non erano semplici partecipanti, ma partner in una riflessione comune. Attraverso esperienze condivise, come la creazione di campagne di sensibilizzazione o la progettazione di soluzioni innovative, i giovani uomini hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con la realtà della disparità di genere e di comprendere come il loro ruolo sia cruciale nel costruire una società equa.

Attraverso il lavoro collettivo, le storie raccontate nei podcast e le campagne di sensibilizzazione, studentesse e studenti hanno avuto modo di immaginare un futuro diverso: un mondo in cui le ragazze non debbano lottare contro gli stereotipi per essere scienziate, ingegnere o programmatrici.

In questo senso, il vero successo di queste esperienze didattiche che abbiamo progettato non risiede solo nei risultati tangibili, ma nella consapevolezza coltivata tra i partecipanti. Come sosteneva Bell Hooks, “La consapevolezza è il primo passo verso la libertà”. Per i giovani uomini e donne coinvolte, MINERVA è stato un primo passo verso un mondo più giusto, in cui ogni talento possa emergere e contribuire a costruire una società migliore.

Vi invitiamo a prendere visione di alcuni dei lavori svolti in questi giorni per comprendere da quanto le ragazze e i ragazzi hanno progettato, il loro sentire autentico.

Brilliant minds

Un gioco da tavolo interattivo ispirato al memory, rivolto a bambini e bambine dai quattro anni in su. Il gioco celebra role model femminili che hanno segnato la storia nelle discipline STEM. Ogni coppia di carte raffigura una figura ispiratrice e, grazie a QR code interattivi, i giocatori possono ascoltare storie audio che narrano la vita e le scoperte delle donne rappresentate. Il team ha realizzato un prototipo completo, che include 12 coppie di carte, un tabellone, alcune audio-storie e la scatola del gioco. Brilliant Minds mira a sensibilizzare fin dalla prima infanzia sull’importanza delle donne nella scienza e a stimolare curiosità e consapevolezza attraverso il gioco.

Se puoi sognarlo puoi farlo

Un account Instagram che, attraverso il racconto di role model femminili, possa ispirare ragazze e giovani donne a intraprendere percorsi nelle discipline STEM, incoraggiandole a seguire le loro passioni e i propri interessi. Il prototipo realizzato consiste nella prima Post Gallery che si concentra sulle donne nella fisica, mettendo in luce figure straordinarie che hanno contribuito in modo significativo al progresso scientifico. Attraverso un linguaggio visivo accattivante, il progetto vuole trasformare Instagram in uno spazio di ispirazione e cambiamento culturale.

Tous par tous

Un podcast con un format di free talk, realizzato da studenti e rivolto ai propri coetanei, per riflettere sul ruolo della scuola e degli insegnanti nel rafforzare o decostruire gli stereotipi di genere. Attraverso dialoghi autentici e diretti, il podcast mira a sensibilizzare e motivare studentesse e studenti, promuovendo consapevolezza e cambiamento culturale all’interno dell’ambiente scolastico.

A conclusione di questo viaggio, vogliamo lasciare alle ragazze e ai ragazzi del Canova un haiku che dedichiamo loro e condividiamo volentieri con tutte e tutti coloro che, come noi, proveranno a fare qualcosa per un mondo più equo e inclusivo. Questa breve poesia è un inno alla forza delle donne, alla loro resilienza e al valore intrinseco che portano nel mondo, qualità che devono essere celebrate e valorizzate in ogni ambito, incluse le discipline STEM.

Ali di pensieri,
donne volano in alto.
Cieli infiniti.

L’avvio del nuovo anno scolastico ha visto Onde Alte impegnata nell’organizzazione di due laboratori didattici che hanno coinvolto docenti di ogni ordine e grado provenienti da tutta Italia. Questi laboratori, che rappresentano una fusione di outdoor learning e challenge-based learning, hanno offerto ai partecipanti un’esperienza formativa innovativa, mettendo al centro la riflessione collettiva, la ricerca di uno spazio dedicato al sentire e la creazione artistica.

Mab Eco Art Matera

MAB Eco Art – Matera

Il primo dei due laboratori, svoltosi a Matera in collaborazione con l’Istituto di Istruzione Superiore Duni Levi, ha esplorato il legame tra arte e natura attraverso il format del MAB Art. Questo format prevede l’osservazione e la mappatura partecipata di luoghi significativi per i temi che si vogliono approfondire per poi tradurre le percezioni raccolte in opere d’arte.

Nel corso dei tre giorni di attività, i docenti hanno avuto la possibilità di immergersi nel suggestivo scenario naturale del Parco della Murgia Materana e del Pulo di Altamura, mappando i luoghi non solo dal punto di vista geografico, ma anche attraverso sensazioni ed emozioni personali. Questa fase di esplorazione ha rappresentato il cuore del processo creativo, dove l’interazione tra natura e uomo è stata fonte d’ispirazione artistica.

Uno dei momenti più significativi è stata l’osservazione notturna del cielo stellato al Parco della Murgia. Questo scenario ha offerto ai partecipanti uno spazio per la riflessione e il dialogo sul ruolo dell’uomo nella natura e sull’importanza della sostenibilità. La bellezza dei luoghi visitati, la loro storia, le loro caratteristiche scientifiche, tutto ciò che li caratterizza hanno suscitato emozioni profonde, poi tradotte nei loro lavori artistici.

Insieme, i docenti hanno co-creato una serie di opere che non solo riflettono il loro percorso formativo, ma promuovono una maggiore consapevolezza ambientale. Le opere realizzate, infatti, incarnano un forte impegno verso l’arte come mezzo per sensibilizzare sulla necessità di preservare il nostro ecosistema.

MAB e Arte Digitale – Arconate e Buscate

Il secondo laboratorio si è svolto presso l’Istituto Omnicomprensivo Europeo di Arconate e Buscate e ha esplorato la connessione tra Challenge-Based Learning e Outdoor Learning. Il tema di fondo di questo laboratorio era il concetto di identità culturale, trattato in un contesto artistico, attraverso una metodologia innovativa che ha portato i partecipanti a riflettere sulle identità complesse, plurali e interconnesse nella società contemporanea.

Mab Digital Art

Il laboratorio si è aperto con una fase di osservazione partecipata e co-generazione, in cui i docenti hanno mappato un luogo significativo attraverso l’esplorazione e l’analisi delle loro percezioni. Questa mappatura è stata poi la base per la creazione di un’opera d’arte digitale collettiva. I docenti hanno lavorato in team, unendo le loro idee e prospettive per dare forma a un’opera che rappresentasse il concetto di identità plurale e la sua evoluzione.

Un momento centrale del laboratorio è stata la visita al MUDEC – Museo delle Culture di Milano, dove i docenti hanno potuto approfondire il tema dell’identità culturale attraverso le collezioni permanenti del museo, che esplorano storie individuali intrecciate con i grandi processi storici globali, come l’imperialismo e la globalizzazione. Questa esperienza ha dato modo ai partecipanti di riflettere su come le dinamiche culturali influenzano la percezione di sé e degli altri nella società attuale, offrendo spunti preziosi per il lavoro artistico che avrebbero poi sviluppato.

Durante la fase di sintesi collettiva e ideazione, i docenti hanno trasformato le loro riflessioni in un’opera d’arte digitale. Il risultato è stato un collage visivo che esprimeva la complessità e la ricchezza dell’identità culturale contemporanea, un’entità in continua evoluzione, plasmata da esperienze personali, storie e luoghi. L’opera collettiva realizzata rappresenta una visione armoniosa della diversità, dove le identità si intersecano, si confrontano e si arricchiscono reciprocamente.

Entrambi i laboratori sono stati realizzati secondo i principi del Challenge-Based Learning, una metodologia didattica nata dal progetto “Apple Classrooms of Tomorrow – Today”. Questo approccio si basa sulla risoluzione di sfide reali attraverso l’apprendimento attivo e collaborativo, stimolando non solo la creatività, ma anche la capacità di problem solving e di lavoro di squadra.

Il Challenge-Based Learning si è rivelato particolarmente efficace nel promuovere competenze chiave, come il pensiero critico, la capacità di imparare ad imparare, e la cittadinanza attiva. Inoltre, il legame con l’Outdoor Learning ha amplificato l’impatto di queste esperienze, poiché l’apprendimento all’aperto stimola l’apertura mentale, il benessere psicofisico e il senso di connessione con l’altro.

I laboratori di Onde Alte continueranno a innovare l’esperienza didattica attraverso la creatività e la partecipazione attiva. Con un impegno costante verso l’educazione alla sostenibilità e la promozione del dialogo culturale, ci prepariamo a lanciare nuove edizioni di questi format formativi, con l’obiettivo di coinvolgere sempre più docenti e studenti in esperienze che uniscono arte, natura e riflessione sociale.

Vr Challenge Lab VR-Challenge-Lab

La scorsa settimana, siamo stati coinvolti in un entusiasmante progetto all’interno del campus di H-FARM: il laboratorio “VR Challenge Lab – Metodologie didattiche innovative STEAM con l’utilizzo della Realtà Virtuale“, organizzato in collaborazione con il Liceo Scientifico “Manfredo Fanti” di Carpi. Durante questo evento, abbiamo avuto l’opportunità di accompagnare 60 partecipanti, tra studenti, studentesse e docenti, nella creazione di esperienze di didattica innovativa in Realtà Virtuale. Questo format è stato sviluppato in collaborazione con BigRock, Institute of Magic Technologies, la scuola di riferimento in Italia nel campo della Computer Grafica.

Durante quattro giornate intense di lavoro in team, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di conoscere e sperimentare insieme l’applicazione della realtà virtuale nell’ambito della didattica. Sono stati accompagnati dai mentor di Onde Alte nel flusso di lavoro e nell’applicazione della metodologia progettuale, e assistiti da BigRock nelle applicazioni tecniche del software “LUDI”, la soluzione ideata e programmata da BigRock per la progettazione di esperienze VR.

I 10 team, composti da studenti e studentesse di età compresa tra i 14 e i 18 anni – più un gruppo composto interamente da docenti – sono stati chiamati a rispondere ad una sfida:

“Creiamo una lezione didattica innovativa con la tecnologia VR, che possa essere efficace e coinvolgente, per accompagnare studenti e studentesse alla scoperta dello Spazio e dei suoi elementi.”

Ciascun gruppo si è poi concentrato su uno dei cinque temi identificati: la Luna, Marte, il Sistema Solare, la Terra e la ricerca spaziale.

Quest’esperienza è stata anche un’opportunità interessante per avvicinarsi all’innovazione, guardando alla didattica da prospettive diverse. Gli studenti sono diventati docenti e progettisti, mentre i docenti hanno avuto l’opportunità di mettersi nei panni degli studenti, partecipando ai momenti di testing delle lezioni.

Come sottolineato anche da Alda Barbi, Dirigente Scolastico del Liceo Manfredo Fanti:

"Il rovesciamento di ruoli tra docenti e studenti è stato ottimo! Noi a scuola ci lavoriamo da tempo e il valore aggiunto che porta è enorme".

La realtà virtuale e l’innovazione della didattica

Negli ultimi anni, l’evoluzione accelerata delle tecnologie ha rivoluzionato numerosi aspetti della nostra vita quotidiana, tra cui anche l’ambito dell’educazione. Tra le innovazioni più rivoluzionarie che hanno impattato il campo dell’insegnamento, spiccano senz’altro la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR).

Immaginate di poter condurre esperimenti scientifici complessi o di manipolare le variabili di processi naturali, osservandone gli effetti attraverso simulazioni interattive. O ancora, pensate di poter effettuare un’analisi anatomica dettagliata e coinvolgente del corpo umano, proprio come farebbe un professionista del settore. Oppure, di rivivere eventi storici e sociali di rilievo, visitare monumenti famosi o esplorare mete geografiche lontane, tutto questo con un coinvolgimento completo in esperienze immersive. La realtà virtuale offre un’opportunità senza precedenti per arricchire il processo di apprendimento.

Tuttavia, è lecito chiedersi come possiamo integrare questa tecnologia all’interno delle istituzioni scolastiche. Come possiamo sfruttare appieno il potenziale della realtà virtuale per favorire l’apprendimento? E come possiamo superare le sfide che inevitabilmente sorgono quando cerchiamo di introdurre questa innovazione nelle nostre scuole e istituti educativi?

La risposta a queste domande richiede un’analisi attenta e una strategia ben ponderata. Introdurre la realtà virtuale nelle aule scolastiche richiede un impegno sia dal punto di vista tecnologico che pedagogico. Non è sufficiente avere accesso alle nuove tecnologie, ma occorre anche comprendere come utilizzarle in modo efficace per migliorare l’apprendimento degli studenti.

Opportunità e sfide

La realtà virtuale applicata all’ambito didattico apre le porte a esperienze di apprendimento coinvolgenti, in cui gli studenti possono muoversi e agire all’interno di ambienti virtuali interattivi, interagendo con oggetti e contesti. Questo livello di interazione stimola la loro curiosità e li spinge a esplorare e apprendere in modo attivo e partecipativo, facilitando la comprensione anche di concetti complessi e la memorizzazione dei contenuti

Grazie a queste esperienze immersive, gli studenti non sono semplicemente spettatori passivi, ma diventano protagonisti del proprio apprendimento. Possono interagire con gli elementi virtuali, affrontare sfide, risolvere problemi e prendere decisioni, sperimentando direttamente le conseguenze delle proprie azioni. Questo approccio attivo favorisce la motivazione degli studenti e li coinvolge in un processo di apprendimento più profondo e significativo. 

Inoltre, l’utilizzo della realtà virtuale può creare un ambiente di apprendimento più inclusivo, in grado di adattarsi alle diverse esigenze degli studenti. Attraverso la personalizzazione delle esperienze virtuali, è possibile offrire un supporto mirato a coloro che hanno difficoltà di apprendimento, consentendo loro di affrontare gli argomenti in modo più accessibile e intuitivo. Allo stesso tempo, gli studenti più dotati possono essere stimolati attraverso sfide più complesse e avanzate.

È importante sottolineare che l’integrazione della realtà virtuale nella didattica richiede un’adeguata formazione dei docenti, che devono acquisire competenze nell’utilizzo di queste tecnologie e nell’effettivo sfruttamento del loro potenziale didattico. Solo attraverso una pianificazione accurata e un’implementazione oculata, la realtà virtuale può diventare un prezioso strumento educativo, capace di arricchire l’esperienza di apprendimento e preparare gli studenti alle sfide del mondo moderno.

“La VR applicata alla didattica è un mondo da esplorare. Non deve però essere solo un mezzo per catturare l’attenzione e la motivazione dei ragazzi. Deve essere qualcosa di più. Forse la vera potenzialità è legata alla creazione di contenuti digitali: docenti e studenti che collaborano, e creano materiali/lezioni/unità didattiche per gli altri studenti, valorizzando le competenze di ognuno e la creatività. Nell'implementazione della realtà virtuale nella didattica, si presentano alcune sfide. Una di queste consiste nel coinvolgere anche i docenti, anche i più refrattari, insieme ai ragazzi, per creare lezioni di senso: non solo l’effetto WOW, ma davvero una VR con valore educativo. Altri punti di attenzione fondamentali riguardano i costi per le scuole; l’inclusione dei ragazzi con disabilità; la collaborazione con le aziende.”

Alda Barbi, Dirigente Scolastico del Liceo Manfredo Fanti

I risultati del laboratorio

Abbiamo adottato un approccio metodologico basato sui principi del Learning Design per guidare i partecipanti in un percorso di progettazione suddiviso in fasi di lavoro. Innanzitutto i partecipanti hanno svolto un’attività di esplorazione e approfondimento dell’argomento “Spazio” e dei temi specifici a loro assegnati; durante il processo, sono stati poi supportati nell’ideazione di una breve lezione didattica utilizzando un canvas di Storyboard e tecniche di narrazione. Successivamente, sono stati accompagnati nella fase di prototipazione cioè la concreta realizzazione della lezione in realtà virtuale, grazie al software LUDI. Parallelamente, sono stati assistiti per la creazione dei contenuti necessari per la presentazione e condivisione del progetto.

Attraverso questa metodologia strutturata, siamo stati in grado di fornire un supporto completo durante tutto il processo di sviluppo della lezione in Realtà Virtuale. Questo approccio ha permesso ai partecipanti di acquisire competenze e abilità nell’uso delle tecnologie immersive, garantendo al contempo la costruzione di un’esperienza di apprendimento coinvolgente e di qualità.

L’adozione del canvas di Storyboard ha consentito di definire in modo chiaro e organizzato i contenuti della lezione, immaginando le interazioni tra docente e studenti e le dinamiche didattiche della lezione, garantendo quindi una struttura efficace e coerente. La narrazione ha svolto un ruolo fondamentale nell’arricchimento dell’esperienza virtuale, guidando gli studenti attraverso il percorso di apprendimento e offrendo contestualizzazione e spiegazioni chiare.

Il software LUDI ha rappresentato uno strumento essenziale per la prototipazione e la realizzazione pratica della lezione in Realtà Virtuale. Grazie a questa piattaforma, i partecipanti hanno potuto trasformare le idee e i concetti in esperienze immersive e interattive, offrendo agli studenti la possibilità di esplorare e interagire con gli elementi virtuali.

Infine, abbiamo prestato attenzione anche alla fase di presentazione e condivisione del progetto. Attraverso la creazione di contenuti appropriati, i partecipanti sono stati in grado di comunicare efficacemente l’obiettivo e il valore della lezione in Realtà Virtuale, coinvolgendo sia gli studenti che gli altri membri della piccola comunità educativa presente.

L’integrazione di questi passaggi ha garantito un processo strutturato e fluido, che ha consentito ai partecipanti di sviluppare le proprie competenze nell’uso della Realtà Virtuale come strumento di apprendimento.

In conclusione, come affermava Maria Montessori, una pioniera dell’educazione, l’educazione dovrebbe essere il risultato di una libera attività dell’individuo e non solo dell’insegnamento impartito dall’esterno. La realtà virtuale, con il suo approccio esperienziale e interattivo, permette proprio questo: offre agli studenti la libertà di esplorare, scoprire e costruire la propria conoscenza in modo attivo e autonomo. Come professionisti dell’istruzione, dobbiamo abbracciare le nuove possibilità offerte dalla tecnologia e saperle integrare in modo efficace all’interno del contesto educativo. Solo così potremo fornire agli studenti un apprendimento che sia stimolante, significativo e in grado di prepararli alle sfide future.

Re-Imagine lab

Questa settimana siamo stati a Torre del Greco, ospitati dall'Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “E. Pantaleo”, per accompagnare 40 studenti e studentesse alla scoperta del metodo scientifico, dei suoi principi e delle sue applicazioni.

Un laboratorio realizzato in collaborazione con Novartis, che rientra nel più ampio progetto di divulgazione di Mudimed, il primo Museo digitale della storia del metodo scientifico in medicina. Un progetto realizzato da Novartis Italia in partnership con il Ministero della Cultura, che si rivolge principalmente ai giovani con l’obiettivo di stimolarli ed avvicinarli alla cultura scientifica e al suo metodo. 

Due giornate immersive di lavoro in team per comprendere il metodo scientifico come strumento fondamentale per interpretare le sfide e i cambiamenti del nostro tempo, ma anche come approccio utile per ciascuno di noi nell’affrontare questioni quotidiane, siano esse scolastiche, professionali o di vita ordinaria.

I 6 team, formati da studenti e studentesse tra i 16 e i 18 anni di differenti indirizzi di studi, si sono immedesimati in gruppi di ricercatori provenienti da tutta Italia, chiamati per rispondere  alla sfida “Quali pratiche, iniziative e progetti possono migliorare lo stile di vita di ragazze e ragazzi tra 14-19 anni?”,  ognuno indagando in particolar modo uno dei 4 principali fattori di rischio per la salute che l’Istituto Superiore della sanità ha individuato: scorretta alimentazione, mancanza di attività fisica, fumo di tabacco, consumo eccessivo di alcol.

Il metodo e il flusso di lavoro

Attraverso una metodologia di lavoro basata sui principi del Learning Design, abbiamo accompagnato i partecipanti alla scoperta e poi all’applicazione di ognuna delle fasi del metodo scientifico, aiutandoli a comprenderne il senso e il valore aggiunto. 

Grazie al supporto di canvas di progettazione e con l’affiancamento dei mentor di Onde Alte, ogni team ha cominciato i lavori da una fase di osservazione per indagare il problema e formulare le prime domande di ricerca e procedere quindi poi con un momento di ricerca e approfondimento vero e proprio grazie al quale hanno individuato informazioni chiave e dati a supporto.

metodo scientifico

Non è stato banale il passaggio in cui ogni team ha dovuto formulare delle prime ipotesi innovative che potessero rispondere al problema, ma dopo diversi tentativi individuali e confronti collettivi hanno raggiunto egregiamente questo step cruciale del metodo scientifico. Dopo aver approfondito la loro ipotesi si sono cimentati nella definizione di una strategia di sperimentazione e poi di analisi dei risultati e conclusione approfondendo soggetti coinvolti, contesto di riferimento, tempistiche, strumenti, risorse ecc.

Ogni team ha potuto poi dar libero sfogo alla sua creatività preparando una presentazione e un video tik tok o reel Instagram per presentare la sua ipotesi e la strategia di sperimentazione.

Problem Tree Canvas

Per guidare i partecipanti nella fase di Osservazione e formulazione di domande di ricerca abbiamo creato il Problem Tree Canvas.

Problem Tree Canvas

Il Problem Tree è un approccio di visualizzazione della causa-effetto riguardo un fenomeno, che permette di indagare il problema e di comprenderlo al meglio scomponendolo in cause e conseguenze. Dopo aver scritto il problema specifico sul tronco dell’albero (al centro), i partecipanti si confrontano per proseguire poi appuntando gli effetti sui rami (in alto) e le cause sulle radici (in basso).  Se durante l’analisi si identificano sotto-livelli di cause ed effetti, è possibile continuare a ramificare nelle rispettive aree.

Le cause e gli effetti sono delle supposizioni che non sono ancora validate da evidenze.
Dopo averle identificate, si possono infine definire le domande di ricerca che ci guideranno nell’approfondimento e nella ricerca, fondamentale per validare attraverso dati e fatti le reali cause ed effetti.

Gli ospiti

E’ stato un grande onore per noi avere avuto come compagni di viaggio in questa esperienza due persone che hanno saputo essere di ispirazione per noi e per i ragazz* portando la loro conoscenza e due punti di vista differenti sul metodo scientifico.

Il professor Andrea Grignolio, Docente di Storia della medicina presso l’Università Vita-San Raffaele di Milano, ci ha accompagnato alla scoperta del metodo scientifico partendo da un punto di vista storico e raccontandoci come alcuni grandi scienziati, con una straordinaria capacità di guardare oltre, sono arrivati a scoperte che hanno cambiato le nostre vite. Per ragionare assieme a noi su cosa sia il metodo scientifico ha scelto una citazione della Senatrice a Vita Elena Cattaneo, Neuroscienziata presso Università degli studi di Milano.

Il metodo della scienza è vedere l’invisibile

Abbiamo parlato con lui del coraggio che ci vuole per intraprendere nuove strade mai percorse da nessuno, di come Scienza e Democrazia condividano alcuni principi importanti come la tolleranza, lo scetticismo (inteso come spirito critico e capacità di farsi domande), il rispetto dei fatti, la libertà di comunicazione e la libertà di accesso ai risultati.

Questi e molti altri sono stati i bellissimi spunti di riflessione che ci ha regalato il professor Grignolio. 

E’ stata con noi anche Sabrina Fiorentino, CEO e Co-founder di Sestre, una start-up innovativa nata dall’idea di due sorelle di unire la continua ricerca scientifica con l’amore per il cibo e il territorio. Sestre si occupa di realizzare integratori con estratti nutraceutici della Dieta Mediterranea per il Benessere della Donna.

E’ stato molto interessante ascoltare Sabrina, ci ha parlato dell’importanza di essere perseveranti, pazienti e aperti all’ascolto e ha condiviso con noi il ruolo che il metodo scientifico ha avuto e continua ad avere nella sua esperienza imprenditoriale e per lo sviluppo del loro prodotto.

Solo attraverso la scienza puoi distinguerti dal rumore di fondo e migliorare realmente la società, visiona il tuo obiettivo e lavora per raggiungerlo!

Progettare ed erogare questo laboratorio è stato molto interessante per il nostro team. Ci ha messo alla prova e ci ha permesso di imparare, portandoci a ragionare su come trasferire concetti così importanti e complessi a ragazzi e ragazze riuscendo ad appassionarli e avvicinarli a principi del metodo scientifico che anche noi da sempre cerchiamo di rispettare nel nostro percorso professionale e di vita. Tra gli altri ce ne sono due che ci stanno particolarmente a cuore:

La cultura dell’errore per imparare a vederlo come una necessità per il progresso e la crescita personale, nelle piccole e nelle grandi cose. Per liberarsi dalla paura di essere giudicati e accogliere l’errore come una opportunità.

Il concetto di falsificazione e quindi l’importanza di non fare supposizioni senza aver prima verificato le cose con spirito critico e con una ricerca adeguata.

Ancora complimenti a tutti i partecipanti, speriamo che questo laboratorio vi abbia ispirato a portare il metodo scientifico nella vostra vita quotidiana da studenti e da giovani cittadini. E infine grazie anche a Novartis per la splendida opportunità e all’Istituto Pantaleo per la sempre meravigliosa accoglienza e apertura verso i nostri momenti di formazione.

One day in my shoes

In questi mesi stiamo realizzando il laboratorio “One day in my shoes” insieme all’I.I.S. “Carrara-Nottolini-Busdraghi” di Lucca, un percorso dedicato a docenti delle scuole secondarie di secondo grado per ripensare gli spazi scolastici in un’ottica di design accessibile e inclusivo, realizzando soluzioni flessibili e personalizzate in grado di soddisfare i bisogni di persone con disabilità nell’ambiente scolastico.

Il Design Inclusivo (Design for All) rappresenta il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. 
Design for All significa concepire ambienti, sistemi, prodotti e servizi fruibili autonomamente da parte di persone con esigenze e abilità diversificate.

Good design enables, bad design disables (Il buon design abilita, il cattivo design disabilita) – Paul Hogan

Il design inclusivo non interessa solo le persone con disabilità fisiche, cognitive e sensoriali. Attraverso una buona progettazione di spazi e ambienti è infatti possibile abilitare e potenziare le capacità di tutti.

I partecipanti al laboratorio agiscono come “hacker” dello spazio scolastico, per facilitare la vivibilità, l’usabilità, le interazioni. Sperimentando insieme a Onde Alte la metodologia, il percorso prevede anche il coinvolgimento degli studenti in un processo partecipativo, attraverso una sperimentazione in classe. 

Il laboratorio si compone di tre fasi principali:

Empatia
Un approfondimento sul ruolo dell’empatia, per iniziare a mettersi nei panni delle persone che ci circondano.

Progettazione
Una fase di progettazione e comprensione di quali possano essere gli strumenti che agevolano l’interazione tra l’ambiente e le persone con disabilità.

Prototipazione
La creazione vera e propria di un oggetto fisico attraverso la stampa 3D.

In questa ultima fase i partecipanti hanno l’occasione di modellare o scaricare prodotti 3D già esistenti per rispondere ai bisogni delle persone.

 Gli esempi della stampa 3D applicata al design inclusivo sono numerosi, uno fra i tanti è l’Educational kit di Makers Making Change, che contiene dispositivi che aiutano le persone con disabilità nelle attività di vita quotidiana e di apprendimento.

Il kit per l’empatia

Per introdurre i partecipanti alla fase di empatia, abbiamo sviluppato una serie di strumenti che permettono di “mettersi nei panni” delle persone con disabilità. Partendo dalla nostra mappa dell’usabilità – che evidenzia i bisogni e le necessità delle persone divisi per gli ambiti sensoriali, fisici e cognitivi – abbiamo messo a disposizione semplici strumenti per simulare le diverse condizioni in scene di vita quotidiana.

Onde day in my shoes - kit per l'empatia

Ecco alcuni strumenti che abbiamo utilizzato:

Mancanza di un arto
Per simulare un’amputazione medica o congenita, abbiamo messo a disposizione delle tute da lavoro, che possono essere legate o interrotte all’altezza delle braccia o delle gambe per simulare la mancanza di un arto.

Disturbo da deficit di attenzione e dei sensi
Abbiamo voluto utilizzare un visore di realtà aumentata/virtuale (Google Cardboard) e applicazioni come Autism Me, che attraverso la realtà aumentata permette di vivere a livello sensoriale (visivo e uditivo) l’esperienza di una persona con autismo e le sue reazioni agli stimoli esterni.

Difficoltà a parlare
La difficoltà ad articolare o a comunicare attraverso la parola è l’effetto collaterale di diverse condizioni. Per simulare questo disturbo, abbiamo utilizzato degli apribocca da dentista che allungano le guance, rendendo molto difficile il parlare o il farsi capire.

Dopo una prima sessione online e due giorni in presenza siamo arrivati a concludere la fase dedicata all’empatia, affronteremo presto quelle di progettazione e prototipazione. Ci auguriamo che il laboratorio possa dare ispirazioni e spunti utili per contribuire a generare un cambiamento su questi temi nelle scuole, e siamo curiosi di scoprire quali saranno i prodotti progettati e stampati in 3D che usciranno da questo percorso.