Perché sei diventato attivista? Cosa ti ha spinto a muoverti in prima persona?
È successo un po’ per caso. A fine gennaio 2019 ho visto un storia su Instagram in cui c’era scritto “presidio per il clima” e mi son detto “andiamo a vedere”. Non c’era scritto nemmeno Fridays For Future all’epoca. Sono andato con alcuni amici in Piazza Castello, a Torino, e non c’era nessuno. Poi dopo 20-30 minuti è arrivato qualcuno ma eravamo pochissimi. Ed è iniziato tutto lì.
Conoscevo già le conseguenze del cambiamento climatico, ma associavo la crisi climatica alle api, agli orsi polari e poi ho capito che la crisi climatica significa parlare di noi, delle persone, spesso lontane da noi, ma anche vicine.
Ultimamente sono andato a conoscere proprio le persone toccate direttamente dal cambiamento climatico in Italia. Ad esempio i pescatori a Mazara del Vallo, gli agricoltori a Latina, quelli nell’agro-pontino, chi lavora nelle risaie in Piemonte, gli apicoltori a Treviso o i gestori degli impianti sciistici. Ci sono già tante persone che in Italia subiscono le conseguenze di questa crisi, molte consapevolmente e altre meno. Tutti le subiamo un po’.
Questa associazione “clima-persone”, “clima-diritti”, mi ha spinto a studiare.
E poi mi è scoppiata la bomba in mano. Il primo febbraio del 2019 eravamo 20 “sfigati”, mentre il 15 marzo 2019 a Torino eravamo oltre 30 mila persone. Non so spiegare come sia accaduto. Si tratta anche di trend, momenti storici specifici. Era un altro momento, prima della crisi energetica, della guerra, della pandemia. Da lì ho capito che dovevo continuare.
Lato migrazioni e Mediterraneo, nel 2019 c’è stato il caso Open Arms. Io ho registrato e pubblicato un video su Instagram, che tuttora è l’unico social che uso per fare un po’ di educazione, comunicazione e attivismo. Nel video dicevo ad Open Arms: “sappiate che a terra ci sono tante persone che sono dalla vostra parte e che vi sostengono”. Il video è stato molto ripreso, non so bene perché, da Repubblica, Michela Murgia, Saviano. Da lì mi sono detto che forse potevo fare qualcosa di più.
Non avevo nessun contatto, così ho iniziato a scrivere alle pagine delle varie ONG, come Mediterranea. Ed è iniziata un’avventura molto bella e arricchente.
Io non faccio attivismo perchè credo sia giusto, lo faccio perchè mi piace un casino! Credo anche, in modo un po’ presuntuoso forse, che sia anche nostro compito far vedere che ci piace, perchè finchè l’attivismo verrà visto come qualcosa che viene fatto solo da persone nerd che passano il tempo a studiare e scrivere documenti, non sarà mai accattivante e soprattutto inclusivo.